Antropologia della tecnica pt. 4
Dopo aver lasciato un po’ a cuocere le idee che sto formando sulla pentola a pressione, e che ho iniziato a delineare nello scorso post, arriva il momento di aprire la pentola e vedere cosa sta iniziando a venir fuori.
Ma visto che le idee sono ancora calde e difficili da maneggiare, mi avvalgo di un altro strumento che il prof. Vittorio Marchis ci ha consigliato: la mappa concettuale. Come in ogni mappa, anche in questa non sono interessanti tanto i luoghi in sé, ma come questi sono connessi, ovvero come sono legati tra loro i concetti che vi poniamo. Vale quindi la pena, secondo me, di spiegare brevemente come ho tracciato le connessioni sulla mia mappa.
Innanzitutto ho preso carta e penna: prima analogiche, e poi, date le mie scarse capacità grafiche, digitali. Ho iniziato ponendo al centro una bella pentola a pressione (e fin qui niente di strano). Ho poi scelto altri sette concetti e li ho disposti a raggio intorno alla pentola: tutti questi concetti sono collegati alla pentola in modo diretto con connessioni, per così dire, di primo grado. Le connessioni più interessanti sono poi quelle di secondo grado, ovvero quelle tra concetti diversi, e che non passano per la pentola a pressione: tracciare queste connessioni è stata sicuramente la parte più interessante e da qui scaturiscono le idee meno scontate. Infine, come piccolo bonus, mi sono accortə che i concetti che avevo messo nella mappa disegnavano due “aree” separate, che ho riportato. Di cosa siano queste due aree parlerò alla fine dell’articolo.
Dopo questa nota di metodo, ecco la mappa che ho prodotto:
Nello spirito di fare rete che la mappa concettuale mi ispira, ho deciso di spiegare le varie connessioni che ho tracciato non con le mie parole ma con quelle d’altr3. In particolare con quelle pubblicate negli anni sulla Stampa, di cui è disponibile un archivio online facilmente consultabile. Un esercizio duplice, quindi, con una buona dose di ricerca archivistica che è stata abbastanza divertente.
Partiamo intanto da quelle che ho chiamato di primo livello:
- Pentola a pressione – tecnologia: la pentola a pressione è un oggetto con un certo grado di tecnologia, addirittura un “svolta” che “rivoluziona i metodi tradizionali in cucina” secondo un articolo del 2001. D’altra parte, la tecnologia alla base della pentola a pressione è anche occasione per esercitare un sessismo tendente alla misoginia in un simpatico articolo del 1965 – solo un uomo, più confidente con “valvole e congegni”, può infatti spiegare il funzionamento della pentola alla povera e sprovveduta donna.
- Pentola a pressione – velocità: “la pentola a pressione cuoce tutto in meno tempo” ci ricorda la rubrica “DONNE Confidenziale” del maggio 1968; ancora più mirabolanti sono gli spaghetti “super espresso” che venivano cotti in quaranta secondi nella Torino del luglio 1983 secondo il principio della pentola a pressione.
- Pentola a pressione – efficienza: la pentola a pressione “ben a ragione potrebbe aspirare al nome pentola di guerra date le cospicue economie che con essa si realizzano”, ci informa un italianissimo e autarchico articolo del maggio 1941. Ma anche al tempo dell’austerity degli anni ’70, gli “utili consigli per le massaie” di “DONNA Confidenziale”, di nuovo, ci ricordano come la pentola a pressione sia utile a fronteggiare il caro del costo della carne. Infine, per tracciare una breve parabola, la moderna “casa del risparmio elettrico” del 1981 (in cui la casalinga è sempre la figura centrale) contiene la pentola a pressione.
- Pentola a pressione – casalinga: i magazzini Caudano, alle porte della primavera 1958, tratteggiano i tanti lavori che la massaia, affaticata ma felice, dovrà iniziare nella nuova stagione e consigliano ad “amici, fratelli, figli” di regalare uno dei tanti oggetti che non può mancare alla “padrona di casa” (virgolettato nell’articolo, sia mai che si faccia strane idee) – tra cui ovviamente la pentola a pressione. Anche nel 1982 il “vero regno delle casalinghe” non può non contenere la pentola a pressione.
- Pentola a pressione – cucina: la pentola a pressione non serve solo a cucinare cose più velocemente, ma anche a renderle più buone. Infatti, come ci rassicura una pubblicità (sicuramente imparziale) della ditta Lagostina, ci fa conoscere il “vero” sapore delle vivande. Che profumino! Come contrappunto, l’Associazione cuochi torinesi ci ricorda che ancora nel 1991 le verdure sono più saporite se cotte “nel vecchio cestello per la cottura a vapore invece che nella pentola a pressione”.
- Pentola a pressione – stress: una situazione difficile e stressante è spesso chiamata (forse più in ambiente anglofono, a dire il vero) una pentola a pressione. Fu questo il caso – secondo un articolo in prima pagina nel marzo 1987 – della presidenza del consiglio di Bettino Craxi fino alle sue dimissioni. Ma lo è anche il carcere delle Vallette di Torino, che versa in condizioni di forte sovraffollamento nel 1995 (e poco è cambiato da allora).
- Pentola a pressione – esplosione: qui gli articoli da citare sarebbero troppi. Dal terrorismo degli anni di piombo fino al G8 di Genova, passando per gli innumerevoli incidenti domestici e casi di cronaca nera, l’esplosione è lo yin della pentola a pressione.
Finiti le connessioni primarie, passo a quelle secondarie. Qui allargo il campo e non cito più direttamente da testi, né mi fermo ai soli articoli della Stampa.
- Velocità – efficienza: se è vero che l’efficienza è più facilmente legata alla lentezza (pensiamo all’aereo e al treno, all’auto e alla bicicletta), velocizzare un processo è legato al suo efficientamento se questo avviene in modo razionale eliminando tutto il superfluo, in modo quasi austero, e riducendo un processo alle sue fasi fondamentali (come nel taylorismo).
- Velocità – tecnologia: da Marinetti in poi il connubio tecnologia velocità è quasi scontato, sia nelle forme più epiche dell’Inno a Satana di Carducci che in quelle comiche di Tempi Moderni di Charlie Chaplin. Questa connessione è quasi l’opposto della connessione velocità-efficienza, ed è infatti connotata di tratti sensuali di sregolatezza e di desiderio di consumo.
- Casalinga – efficienza: economia, come noto, deriva da οἴκoς e νόμoς, e vuol dire letteralmente “gestione della casa”. Ma fare economia è anche essere efficienti, risparmiare le risorse. Ecco che la figura femminile, nel modo in cui ci viene presentata dalla cultura patriarcale, e specie se nella sfera domestica, è profondamente connessa all’efficienza – un’efficienza legata alla lentezza, al risparmio e al riuso e quindi profondamente diversa da quella razionale e tecnica della coppia velocità-efficienza.
- Casalinga – cucina: può sembrare una connessione prosaica e banale, ma leggendo gli articoli della Stampa di cui sopra mi ha stupito quanto il connubio donna-cucina sia forte ancora in tempi recenti. Nonostante tutti i passi avanti che il femminismo e la rivoluzione sessuale hanno fatto nello scorso secolo, la cucina come “gineceo”, luogo esclusivo ed escludente per la donna, resta un tratto ben visibile ancora in tempi contemporanei.
- Cucina – esplosione: la cucina come spazio di sicurezza domestica e, al contrario, luogo in cui si svolgono processi pericolosi si incontrano nella figura dell’esplosione sui fornelli. Figura quasi mitica, mi verrebbe da dire, se ancora oggi la paura per l’esplosione di una pentola a pressione è citata costantemente.
- Esplosione – stress: sul piano metaforico, come detto, la pentola a pressione è il luogo dello stress costante; ma parte fondamentale di questa metafora è la possibilità di un’esplosione – come caso estremo inevitabile o da evitare adoperando la “valvola di sfogo”. Anche da un punto di vista meccanico, l’esplosione avviene solo se è presente dell’energia, dello stress nei materiali, che viene rilasciato velocemente.
- Stress – velocità: come nel punto precedente, l’esplosione è il rilascio veloce dello stress. Ma anche qui la metafora funziona a livello umano: la velocità genera stress, e lo stress ci impone di fare cose (tendenzialmente lavorare) sempre più velocemente.
Prima di finire, voglio spiegare cosa sono le due aree che ho individuato nella mia mappa. Credo emerga dal modo in cui ne ho spiegato le varie connessioni, ma ho notato che la pentola a pressione si trova divisa tra due sfere concettuali che, mi spiace ammettere, identifico come maschile e femminile. Mi spiace ammetterlo perché quest’identificazione è legata a un modo molto patriarcale di intendere queste due categorie che male si accorda alle mie idee queer. Ciononostante, credo sia utile identificare questa scissione fondamentale nella pentola a pressione, che mi appare adesso come un oggetto un po’ androgino.
Oggetto tecnologico frutto della razionalità maschile, pericoloso e violento, metafora degli ambienti conflittuali e stressanti (dall’ufficio alla prigione); simbolo dell’economia casalinga e del risparmio, utile a cucinare, ovvero l’atto di cura per eccellenza, e perfino potenziale strumento di emancipazione femminile.
Stando così tanto a contatto con la pentola a pressione (abbastanza vicino da scaldarsi, abbastanza lontano da non scottarsi) mi sembra paradossalmente di conoscerla sempre di meno.